In fondo Take Shelter è un film sulla schizofrenia. Jeff Nichols ci racconta la malattia mostrandocela dall’interno, e l’interno è quello di un ottimo Michael Shannon, protagonista incredibilmente efficace.
Curtis vive per la sua famiglia: la moglie Sam e la figlia Hannah, sordomuta.
Innamorato della moglie, con lei ha impostato la sua vita per rendere migliore la vita della bambina.
Ultimamente però Curtis è assillato da una serie di incubi con al centro proprio i suoi familiari.
Sogna una serie di pericoli che li coinvolgono. Un rapimento, il cane di famiglia che lo azzanna, un attacco di uccelli, ma su tutto l’arrivo di un devastante uragano, il più devastante di sempre.
L’uomo vive la difficile situazione di non riuscire a comprendere se quello che sogna è una premonizione oppure è la sua mente che gli gioca brutti tiri, così se da una parte si rivolge ad una serie di psichiatri, dall’altra spende una barca di soldi per costruire sotto casa un sicuro e attrezzato rifugio anti-uragano.
Scordatevi che vi racconti come la vicenda va a finire, ma sappiate che il finale è altamente drammatico, molto forte e superbamente gestito.
Del resto Nichols guida il film con maestria dall’inizio alla fine.
Ci fa vivere le sensazioni del protagonista, le sue difficoltà, le sue enormi paure per se e per la sua famiglia.
Tutto si muove nella mente dell’uomo, è lì che si svolge il film intero.
La sua lotta contro se stesso, da solo, senza possibilità di lasciarsi aiutare sebbene la moglie (anche Jessica Chastain è ottima) provi in ogni modo ad aiutarlo.
Take shelter è comunque un film cupo, con un’ansia che aleggia continuamente, proprio come le oscure nubi dell’uragano di Curtis.
E proprio la lotta interna del protagonista è la novità gestita meglio, questa autocoscienza della propria follia, questo tentativo di sfuggire al proprio destino (in un senso o nell’altro).
E poi quel finale che non è sorprendente, ma è raccontato con mestiere tale da renderlo estremamente efficace.