“Vi è mai capitato d’immigrare?” La prima riga della quarta di copertina spiega con la violenza di una scudisciata cos’è C’era una volta un clandestino, di Eltjon Bida, collana Policromia. Il fatto che il romanzo sia basato su una storia vera fa il resto.
Eltjon Bida racconta la sua vita e lo fa con la semplicità di chi l’ha vissuta. Ha 17 anni quando, nel 1995, sale su un gommone schiacciato insieme ad altri disperati come lui, guidato da uno scafista senza scrupoli, ed affronta la traversata dall’Albania all’Italia. Traversata che di suo sarebbe banale, se le condizioni del viaggio non fossero quelle che sono.
E poi, arrivato in Italia, Bida ci porta a scoprire il suo contatto, l’inizio del lavoro, la famiglia che lo accoglie, l’arrivo del fratello, la perdita del lavoro, lo spostamento al nord, i mesi vissuti in mezzo alla strada, tutto!
Il romanzo che ci troviamo di fronte (poi seguito da un secondo e a breve da un terzo) è la storia della vita di un ragazzo, ma è anche la storia di una serie di orrori e ingustizie inaccettabili. L’unione di questi due concetti è la forza del libro. Mi spiego.
Bida usa un italiano semplice, quasi da diario personale. Racconta le sue giornate come farebbe un ragazzino della sua età. Ma la semplicità e la naturalezza con cui racconta stridono con le cose che scrive. L’autore sembra non stupirsi di una situazione terribile in Patria (che del resto ha vissuto fin dalla sua nascita), sembra non stupirsi (salvo rari casi) delle ingiustizie che affronta in Italia. Mi riferisco ad esempio a mesi di lavoro in nero, sottopagato, con orari improponibili e senza nemmeno un giorno di pausa. Per lui, che arriva dal nulla alla ricerca di un futuro, sono conquiste, quasi regali che gli vengono fatti… e ne è enormemente riconoscenze.
La consapevolezza arriverà piano piano, ma non sarà comunque urlata. E ancora osserviamo i protagonisti muoversi sul filo tra speranza e illegalità. Delinquere o lavorare è una scelta tra cosa è più semplice e redditizio. Ogni orrore, ogni ingiustizia, deve essere pesata sulla bilancia della sopravvivenza.
La forza del romanzo è la narrazione fatta da un ragazzo, che mischia senza problemi il tentativo disperato di ottenere il permesso di soggiorno con le sue prime avventure sessuali, il rapporto con il datore di lavoro con la paura per la scomparsa del fratello.
Avevo intervistato Eltjon Bida al Salone del libro di Torino 2022, allo stand del Collettivo Scrittori Uniti.