Q.P.G.A. – il romanzo

Inizi a leggere il romanzo d’amore scritto da Claudio Baglioni e pensi che il Divo sa anche scrivere romanzi, pensi che in fondo te l’aspettavi perchè un poeta spesso è capace anche di ottima prosa.
E pensi agli esempi di illustri colleghi menestrelli come Vecchioni, Guccini e Battiato che alla letteratura si sono dedicati con risultati eccellenti.
Frasi brevi, piccole immagini, un diluvio di esempi, riferimenti, collegamenti.
Pensi che ti piace e che sarà un bel leggere.

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Poi prosegui e ti accorgi che i periodi sono un pò troppo brevi, gli esempi un pò troppi e un pò troppo lunghi, i dialoghi sono abbastanza malfatti e la storia (in fondo) non è niente di speciale.
Una normale storia d’amore, che per di più conoscevi già visto che era magistralmente raccontata nell’album Questo Piccolo Grande Amore del 1972.
E finisci col pensare che sì, Baglioni scrive bene, però si dilunga e si perde un pò troppo. I singoli capitoli sono bellissimi affreschi, quadri di grande impatto, ma messi uno dietro l’altro fanno l’effetto di quei musei che accatastano opere d’arte in fila come fossero in un magazzino.

Però tu sei un baglioniano convinto ed allora puoi gustarti tutti i riferimenti, ritrovare le scene che già c’erano nell’album e soprattutto scoprire quello che nell’album non c’era.
Così scopri che lui si chima Andrea, studia architettura e vive a Centocelle e che lei si chiama Giulia, va ancora al Liceo ed è di Prati, due mondi opposti ed in forte contrasto.
Scopri che a Porta Portese lei non è con un nuovo fidanzato, ma solo con un amico che la sta aiutando in un momento difficile (anche se su questo punto l’autore lascia trapelare qualche dubbio), scopri che in fondo non c’è stato nessun tradimento e lei non è poi così stronza come pensavi.
E soprattutto scopri che quel piccolo grande amore non è finito per una lite, per un tradimento, come avevi creduto negli ultimi 37 anni, ma si è esaurito, si è spento come si era acceso. Ha fatto la fine di (quasi) tutti i primi amori, che finiscono senza un motivo e rimangono presenti per tutta la vita con la forza delle emozioni.

E alla fine concludi che intorno alla vicenda c’è veramente troppa roba inutile, troppi arzigogolati contorni, che forse si poteva raccontare in molto meno di 256 pagine, chessò… magari sarebbe bastato un album con dentro 15 brani musicali.

Di buono nel romanzo c’è ancora la capacità innata di Baglioni di raccontare i sentimenti dei 17 anni, come se per lui fossero ancora lì presenti.
Di non buono i dialoghi e quei monologhi pensati, veramente esagerati e che scompaginano un pò tutto.

Q.P.G.A. è un progetto complesso, prima o poi vedrò il film (con cattivi presagi), mentre aspetto con passione il nuovo album (che si prospetta molto articolato) e l’inevitabile tour (e Baglioni su un palco è sempre Baglioni su un palco).

3 Comments

  1. Patrizia says:

    Sono d’accordo con te: alcuni passaggi sono noiosi, ci si perde nella forzata poeticizzazione dell’autore che fa a pugni con parti banalmente terra a terra.

    Posso farti un’osservazione che esula da QPGA? Uno come te, che scrive molto e bene, perché mai deve battere sulla tastiera il po accentato invece che apostrofato? È davvero uno scempio 😉

  2. soloparolesparse says:

    @ Patrizia
    Hai drammaticamente ragione!
    E la risposta aggrava ancora di più la mia posizione: una battuta in meno mi fa risparmiare qualche frazione di secondo…
    Ok… mi impegno a perdere un “po’” di tempo in più!

  3. Patrizia says:

    Attento…ti controllerò 🙂

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