Molti dei romanzi del premio Nobel Nagib Mahfuz sono ambientati per le strade della capitale egiziana, ne consegue che questo che ha come titolo proprio Per le strade del Cairo finisca per risultarne moralmente e simbolicamente un po’ la summa.
Siamo nel 1942 e Il Cairo è sotto i bombardamenti tedeschi.
Dopo uno di questi che interessa il loro quartiere la famiglia Akif decide di trasferirsi in tutta fretta nella zona storica di Khan al-Khalili.
Qui il quarantenne Ahmad deve riorganizzare la propria vita per non dispiacere ai genitori con cui ancora vive.
Così lo seguiamo fare conoscenza con nuovi amici al caffè ed innamorarsi perdutamente della ragazzina che abita nel palazzo di fronte.
Tutto sembra prendere la piega giusta quando torna a cas il fratello di Ahmad, pronto a sconvolgere nuovamente la sua monotona vita.
La guerra è lo sfondo per la storia privata del protagonista. Mahfuz usa i bombardamenti come situazioni per animare la quotidianità (fino a quando anche questi entreranno a farne parte) ed il rifugio per inscenare dialoghi ed incontri tra i protagonisti.
Per la strade del Cairo è però sostanzialmente la storia di Ahmad, ascoltiamo i suoi pensieri, le sue lamentele, la sua disillusa quotidianità, scopriamo il suo percorso di studi, i suoi sogni presto esplosi.
Capiamo anche che la colpa è in realtà tutta sua, della sua timidezza, del suo poco coraggio e che la sfortuna e le situazioni contingenti cui dà la colpa dei suoi insuccessi sono scuse evidenti.
La sua incapacità di agire è evidente nel comportamento con la bella Nawal, e risulta lapalissiana quando appare il fratello che è il suo opposto ed agisce all’istante e senza pensarci.
Poi naturalmente c’è Il Cairo, che non è solo lo sfondo del racconto ma quasi parte viva, personaggio importante, al tempo stesso luogo e protagonista con i suoi quartieri e lo scandire della giornata.
Un romanzo godibilissimo e splendidamente narrato… del resto non è che ti danno il Nobel a casaccio, eh!