Non ci sono dubbi che Educazione siberiana sia uno strappo nella filmografia di Gabriele Salvatores, qualcosa di nuovo, magari forse solo l’evoluzione di quanto fatto fin ora, ma a vederlo a scatola chiusa difficilmente attribuirei a questo film la corretta paternità.
Siamo in Unione Sovietica ed attraversiamo gli ultimi trent’anni di questa nazione immensa con gli occhi di una comunità molto ristretta e dalle regole ferree.
Sono siberiani e vivono rubando, ma non tutto e non a tutti. Niente droga per esempio, e poi niente soldi conservati in casa “nemmeno se sono soldi rubati” perchè i soldi sono sporchi.
E tutto ci è raccontato attraverso la crescita di un gruppo di bambini che diventano adulti. Soluzione ideale per farci conoscere le regole, le abitudini, le tradizioni. Così vediamo i piccioni, il significato della pelle tatuata, la forza del gruppo, scopriamo cosa è giusto e cosa no.
Guidati sempre da uno straordinario John Malkovich, il nonno della comunità, faccia dura, segnata, amorevole solo quando è il caso.
Salvatores riesce ad essere poetico e crudo allo stesso tempo, aspetti diversi della stessa vita, della stessa società.
Fondamentale la figura di Xenya (e molto brava Eleanor Tomlinson) per farci capire come l’umanità e l’amore non siano alternativi alla durezza ed alla delinquenza del gruppo dei siberiani.
Dietro al film una serie di messaggi da comprendere e scovare ma mi piace segnalare la qualità tecnica del film, cupo, con una fotografia corretta e naturalmente tanto gelo, non solo atmosferico.