Splendido esordio registico per Brandon Cronenberg. Antiviral è un film che ricorda da vicino le suggestioni del padre David ma ha anche una sua vita propria, tosta e sincera.
Siamo in un mondo in cui la gente vive solo all’ombra delle celebrità, per le quali c’è una insana passione che alcune società hanno sfruttato al pari della ricerca scientifica.
In questo mondo si possono comprare bistecche di carne creata con cellule duplicate da quelle originali delle star, ma anche farsi iniettare virus delle malattie prese dalle celebrità stesse.
Syd lavora alla Lucas Clinic, proprio una di queste società, ed ha un contratto di esclusiva con la grande Hannah Geist. Il problema è che Hannah sta morendo, la sua malattia è più grave del previsto e Syd, che in casa ha un macchinario di quelli che controllano la diffusione dei virus è in qualche modo implicato nella faccenda.
Siamo in un mondo che il film ci mostra estremamente asettico, Cronenberg riempie le scene di inquadrature bianchissime, vuote di cianfrusaglie e di qualunque oggetto. L’idea è probabilmente quella del controllo totale sulle malattie (che infatti poi va a farsi benedire) ma anche la mancanza di sentimenti veri.
Il risultato è ottimo.
L’insieme è estremamente inquietante, i continui dettagli dei corpi rendono tutto più tremendo. Caleb Landry Jones ha un volto etereo ed un corpo efebico che perfettamente si adattano alla vicenda, Sarah Gadon è anche lei bianchissima.
In tutto questo vi accennavo alle suggestioni tipiche del Cronenberg originario, il padre. Ci sono tutte o quasi (esagero, lo so). La malattia, il controllo dei virus, soprattutto l’interazione tra corpo e macchina e l’utilizzo del corpo umano come fosse un oggetto di sperimentazione (e forse spesso lo è) o un oggetto commerciale (e di nuovo non siamo lontani dalla realtà).
Potremmo aver trovato un nuovo interessante Cronenberg.