Dark feed, un ospedale da diventar matti

Discreto horrorino da cassetta senza particolari meriti ma ben fatto e godibile. Michael e Shawn Rasmussen (loro anche la sceneggiatura di The Ward) firmano con Dark feed un giochino classico con al centro il cinema (e tanti omaggi) ed un vecchio ospedale psichiatrico.

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Un gruppo di persone sta girando un film in un vecchio ospedale psichiatrico, chiuso da sei anni in circostanze misteriose ed al cui interno si sono svolte violenze ed anche qualche esperimento non consentito.
Nei locali dell’ospedale viene ricreata la casa che serve per un film (che naturalmente è un horror) e si utilizzano anche corridoi e cantine.

E proprio nei sotterranei c’è qualcosa di poco chiaro, rumori, un liquido che cola ovunque, gente che scompare man mano che si avvicina alla zona.
Pian piano sul set tutti escono di testa trasformandosi in pazzi sanguinari.

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Tutto in una notte. Si entra la sera e bisognerebbe girare il film per tutta la notte. Solo che queste scene non si girano mai (o quasi). Una serie di intoppi le bloccano sempre ed assistiamo solo ad un paio di sequenza girate dalla protagonista belloccia, incapace e con le tette finte.
Per il resto è una perdita di tempo, attesa, problemi, preparazione, fino a quando la situazione comincia a farsi tesa e la gente sparisce.

Buona la creazione dei personaggi, ben caratterizzati, quasi tutti con delle linee di follia personale già ben definite prima che la follia generale prenda il sopravvento.

Victoria Nugent è la protagonista figa e savia, quella che (forse) è destinata a salvarsi, anche se su questo punto i Rasmussen lasciano più di una porta aperta, spalancando naturalmente anche un portone su possibili sequel.

Buona anche la follia dei singoli, il modo in cui viene creata e mostrata in un finale che è un crescendo di splatter senza mezze misure.

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