Terzo libro della trilogia di Claudio Rendina dedicata ai malaffari della Chiesa, L’oro del Vaticano è forse il più inquietante dei tre libri. Lo è soprattutto in un periodo di profonda crisi per lo Stato Italiano e provoca brividi leggere quali e quanti sono i vantaggi che l’Italia ha concesso alla chiesa di Roma.
Rendina punta l’attenzione questa volta sulle ricchezze del Vaticano. Si parte dal 1870 con la Legge delle Guarentigie e la nascita dello Stato della Città del Vaticano e si arriva al vero punto di svolta della faccenda, con i Patti Lateranensi con cui Mussolini concesse al Vaticano vantaggi economici indicibili. Possedimenti enormi, servizi a carico dell’Italia ed una tantum che al cambio odierno ammonterebbe a 712 miliardi di euro. Come dire che senza i Patti lateranensi la storia economica italiana sarebbe completamente diversa.
Poi abbiamo i capoitoli dedicati alle banche, quelli dedicati ai possedimenti immobiliari (e qui davvero si arriva a numeri e valori impressionanti) e quelli dedicati alle altre fonti di guadagno, alcune davvero sorprendenti. Obolo di San Pietro, Sacra Rota, giornali, RCA, monete, francobolli e naturalmente roba molto meno conosciuta ma comunque redditizia.
Molto interessante poi in appendice (questa volta anche dal punto di vista culturale ed artistico) l’elenco deli ori e dei capolavori presenti nelle chiese, nelle basiliche e nelle residenze vaticane. Un elenco praticamente infinito e dal valore incalcolabile.
Un libro direi fondamentale, pur praticamente illeggibile per la quantità di numeri ed elenchi presenti.