Quanto può essere ingannata la nostra memoria? Quanto finiamo per credere alle bugie che inventiamo per proteggerci? Potrebbe infondo essere questo il tema centrale di Squadra Lince, l’avvincente thriller che Fabio Scalini ha pubblicato per Le Vespe di Golem Edizioni.
Si parte da una vecchia storia. Un ragazzino, Manuel, è scomparso durante un’uscita degli scout. Con lui c’erano solo il caposquadra Carlo, il vice Paolo (entrambi giovanissimi) ed un altro novizio, Fabio, (ancora più giovane). I tre superstiti hanno sempre raccontato tutti la stessa storia. I responsabili della parrocchia ed il prete hanno pagato pesantemente. Il corpo del bambino scomparso non è mai stato ritrovato. Ma cosa è successo davvero in quei boschi.
Ventisettte anni dopo Paolo torna in paese per il funerale di Carlo e incontra Fabio dopo tanto tempo. Si riaccendono così i dubbi e i non detti e i due decidono di tornare sul luogo della scomparsa per omaggiare gli amici scomparsi… o forse per capire cosa era davvero successo trent’anni prima.
Scalini organizza il racconto da punti di vista diversi, muovendosi nel tempo con agilità. Alcuni capitoli sono raccontati in prima persona da Fabio, altri da Paolo, alcuni sono la narrazione di un interrogatorio attuale, altri il racconto di quanto accaduto 27 anni prima. Un mix di pensieri e situazioni che contribuiscono a creare la struttura del romanzo ead accrescere la suspance.
Si, perchè Squadra Lince è in fondo un thriller, dove pagina dopo pagina scopriamo qualcosa di più. Capiamo che il clima in quella squadra scout era pessimo, che i giochi e gli scherzi andavano oltre i limiti accettabili. Ci accorgiamo che gli adulti responsabili erano piuttosto inquietanti e decisamente irresponsabili.
Soprattutto ci accorgiamo pian piano che bugie e verità si mischiano, si fondono, sono difficili da distinguere. Non solo per chi deve (o avrebbe dovuto) indagare su quanto accaduto all’epoca, ma anche e soprattutto per chi quelle bugie le ha raccontate e per proteggersi ci ha creduto talmente tanto da ritenerla, dopo 27 anni, la verità. Al punto da non essere più in grado di distinguere avvenimenti accaduti, incubi e paure.
Altro aspetto da non lasciarsi sfuggire è che nel romanzo abbiamo un crogiuolo di personaggi diversi e nessuno di questi è un personaggio positivo, a partire dai quattro ragazzi protagonisti, i cui caratteri violenti e menefreghisti già in tenera età scopriamo pian piano. E cosa vogliamo dire del “prete nero” per il quale si ipotizzano violenze e passioni fasciste?
Quello di Scalini è un romanzo tosto, duro, senza una luce di speranza. Un romanzo in cui un avvenimento del passato (ma se non fosse accaduto quello probabilmente sarebbe accaduto altro) ha segnato la vita di tante, troppe persone. E forse la risposta a quell’unica domanda potrebbe liberare più di un animo tormentato: cosa è davvero successo quel giorno a Manuel?