Un bravo sincero a Louis Morneau che riesce a realizzare un horror dai toni classici (che a me il classico fa impazzire) con qualche spruzzatina di novità ma senza mai esagerare.
Werewolf riporta al cinema il lupo mannaro ed è già un gran merito.
Siamo nel ‘700 e molti villaggi sono infestati da lupi mannari che (ovviamente) nelle notti di luna piena fanno stragi a non finire.
Al punto che gruppi di cacciatori professionisti si aggirano per catturare lupi mannari e riscuotere taglie.
C’è un villaggio però dove il lupo cattivo ha qualcosa di particolare: non gli serve il plenilunio per trasformarsi… e allora servono i cacciatori più bravi di tutti.
Buoni gli effetti speciali, crudi quando serve, ottima l’ambientazione campagnola (anche se un po’ troppo pulita), buono tutto il contorno.
Abbiamo il giovane ragazzo che vuol diventare dottore, il bordello che è un po’ il centro del paese, il capo del villaggio e poi questo gruppo di cacciatori capitanati da un letale Ed Quinn che costruiscono trappole che nemmeno Fred di Scooby-Doo.
La cosa migliore rimane però la classicità della narrazione e delle immagini, con poche concessioni alle invenzioni che si allontanano dalla tradizione del licantropo.
Tra queste la curiosa situazione per cui i protagonisti considerano reale e naturale il lupo mannaro ma fanno riferimento ad un racconto (questo si leggendario) secondo cui alcuni licantropi potrebbero trasformarsi anche in assenza di luna piena.
C’è poi la riccia Rachel DiPillo e l’inevitabile mistero: chi sarà tra gli abitanti del villaggio il letale licantropo?