E’ un esordio tutto psicologico quello di Matteo Viviani nel mondo del thriller italiano e della letteratura tutta. Il suo La crisalide nel fango (edito da Mondadori) è un buon libro, che riesce ad appassionare, a farsi divorare per riuscire a capirci qualcosa su quelle due storie che paiono andare ognuna per la sua strada.
E le due storie sono quelle di Alessandro e Raffaele, due uomini che vivono in parte nascosti nella Milano di oggi. Nascosti perchè sono entrambi riservati, timisi, nascondono segreti (probabilmente) e dolori profondi (sicuramente).
Uno è un professore, l’altro salta da una donna all’altra, ma entrambi hanno un animo tormentato dal quotidiano e dal loro passato.
Vicino a loro si muovono altri personaggi. Su tutti la bella e giovane Sonia, studentessa giovane e bella che potrebbe diventare il punto di contatto tra le due vite o scatenare la scintilla che porta alla verità.
E poi c’è Max, disperato con la mente in subbuglio, che vive in una casa a metà tra un porcile, un magazzino e un incredibile museo dell’inutile.
Cosa unisce tutte queste figure?
Viviani ci racconta tutto questo (e naturalmente molto di più) con una prosa asciutta, con periodi brevissimi, quasi dei flash, dei pensieri.
Ed infatti noi viviamo tutta l’avventura attraverso gli occhi (ma soprattutto le menti) dei protagonisti.
Ed è evidente che sono menti non sempre lucide, che hanno angoli nascosti. Viviani riesce a restituire questa confusione, questo dolore intrinseco nello stile di scrittura, nel modo di raccontare.
Inevitabilmente tutto questo confonde le acque, porta il lettore a seguire una lettura spesso confusa, una storia che non si snoda in maniera lineare.
Ma non disperate perchè poi i nodi vengono al pettine e tutto diventerà chiaro e drammticamente lucido.
Matteo Viviani è bergamasco ma si trasferisce a Milano a 20 anni e qui fa praticamente di tutto prima di arrivare a Le Iene, per cui cura spesso inchieste sul territorio.
Post realizzato in collaborazione con BloggerItalia