Howl, il ritorno dei lupi mannari

E’ un piacere ogni tanto incontrare qualche lupo mannaro al cinema, la più bistrattata specie tra quelle orrorifere, la meno affascinante e di conseguenza la meno presente. Ci prova Paul Hyett con Howl. Il risultato non è un capolavoro ma ha dei momenti buoni.

Amit-Shah-howl
Joe fa il controllare (sfigato e a cui è appena stata rifiutata la promozione) sui treni di un percorso locale. Il capo rompicoglioni gli affida una sostituzione a fine turno e gli tocca quindi fare ancora un giro sull’ultimo convoglio della notte. Per fortuna che a bordo c’è l’hostess che gli piace (ovviamente).

Il treno però, quando è quasi arrivato, investe qualcosa e si ferma in mezzo al bosco e inevitabilmente sotto al diluvio. Il macchinista scende per controllare e non torna più.

La linea del film è quella straclassica degli horror. Un gruppo limitate di persone bloccate in un posto (in questo caso un treno) impossibilitate a fuggire e a comunicare col resto del mondo (radio e cellulari non funzionano – non chiedete perchè?) assediate, in questo caso, da un inquietante e mostruoso lupo mannaro.

Howl

Le cose buone. Direi le varie vicende dei personaggi, tagliate con l’accetta, è vero, ma in questo caso non starei a fare il pignolo, e i rapporti tra di loro. La costruzione dell’assedio. Quindi le porte scorrevoli sbarrate, le lamiere squarciate, i bagni chiusi e via così.

E ancora i momenti di attesa prima degli attacchi.

La cose negative. Su tutto i mostri. Quando finalmente vediamo i lupi mannari sono delle specie di Superman muscolosi e che poco hanno a che vedere con la tradizione (si parla di pallottole d’argento ma poi li abbattono a colpi di estintore).

Ma anche la logicità della vicenda, con parecchie cose che non funzionano nella sequenzialità e nella costruzione.

Mi fermo qui, se volete sapere di più… chiedete e vi sarà risposto.

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