Un padre per mio figlio – dall’India con amore

La Rai ci ha regalato questa estate una interessante serie (Amori con… turbanti) di film provenienti dall’India , quella che è ormai riconosciuta come la nuova frontiera del cinema (dati e risultati alla mano).
Nonostante il successo dei film provenineti da Bollywood sono pochi quelli che passano il confine italiano e quindi l’occasione è stata ghiotta per conoscere una filmografia decisamente diversa da quella a cui siamo abituati.

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Ho visto Un padre per mio figlio, ennesimo improponibile titolo italiano per Kuch na khao, che letteralmente vuol dire qualcosa tipo Non dire niente.
Si tratta del film d’esordio di Rohan Sippy, primo film della coppia Aishwarya Rai e Abhishekh Bacchan, poi sposi anche nella vita (trovate varie curiosità gossippare indiane in questo post di Awaragi).

Lui è in cerca di moglie, lei è sposata e con un figlio ma il marito è fuggito da sette anni. I due decidono di sposarsi ma naturalmente il marito originale ritorna all’improvviso rischiando di far saltare il tutto.
La storia, come si vede, è quanto di più scontato e classico si possa pensare, ma assume un tono completamente diverso se vista con l’occhio delle tradizioni indiane.

Ed è con quest’occhio che bisogna guardare il film che altrimenti sembra essere una parodia di sè stesso.
Pieno zeppo di situazioni che a noi sembrano davvero paradossali. Una serie di azioni rallentate per aumentare il pathos, il cattivo che si presenta di nero vestito  spiccando in maniera più che evidente tra i partecipanti alla festa di nozze, addirittura imbarazzante la scena della scivolata sotto la pioggia con i due protagonisti che rotolano come neppure all’acquafan.
Tutto sembra clamorosamente ingenuo se visto con occhi occidentali, fino al finale in cui il cattivo si fa da parte con troppa ed improvvisa sollecitudine per lasciare spazio e felicità ai due protagonisti.

Superata questa difficoltà di punto di vista (ed anche lo spiazzante rapporto tra il doppiaggio italiano ed i movimenti delle labbra che presumo essere in lingua locale) il film è in realtà apprezzabile sotto molti punti di vista.
A partire dalle musiche che hanno grande parte nella vicenda (del resto il muiscal è uno dei pezi forti delle produzioni bollywoodiane).
Ed interessane è anche la regia, soprattutto proprio in relazione all’uso delle musiche che davvero diventano parte integrante della vicenda.
Ed il film è anche a tratti divertente, oltre naturalmente a strappare qualche inevitabile lacrima ai cuori più teneri.

E tra i plus non posso non calcolare la presenza della bellissima Aishwarya Rai, che infatti ha poi trovato spazio anche al di fuori delle produzioni indiane.

Non aggiungo altro perchè ammetto di sentirmi un pò in imbarazzo a dare giudizi su un mondo che conosco poco e vorrei evitare di prendere cantonate… blogger vigliacco!

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