La solitudine dei numeri primi e il mistero di Paolo Giordano

Quando ho sentito parlare per la prima volta de La solitudine dei numeri primi non mi sono chiesto come avesse potuto un libro di un giovane (a 26 anni in Italia si è giovani) esordiente vincere il Campiello e lo Strega, mi sono piuttosto chiesto come fosse riuscito un ragazzo di 26 anni, senza alcuna esperienza letteraria, a farsi pubblicare un’opera prima da Mondadori. Meglio ancora: come cavolo fosse riuscito a far leggere in Mondadori il suo manoscritto.
Oggi credo che la risposta sia nell’incontro con Raffaella Lops che Paolo Giordano ebbe durante un corso della Scuola Holden (Enrica, mi raccomando!)

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Dubbi sull’occasione a parte, La solitudine dei numeri primi è un romanzo terribile, devastante, che non lascia speranze.
Seguiamo Mattia e Alice nella loro crescita. Li conosciamo bambini e li accompagnamo fino ai 30 anni sbirciando ogni tanto nelle loro vite.
Due eventi drammatici creano una rottura nella vita dei due bambini, una rottura che si porteranno dentro per sempre.
I due protagonisti sono soli, solissimi, non riescono e non vogliono socializzare con nessuno, non riescono e non vogliono uscire dal guscio protettivo che si sono creati intorno.
Finiscono così per avvicinarsi e capirsi, ma sono solo pochi i momenti della loro vita insieme che riescono veramente a godersi. Anche il loro rapporto è sempre in barca. Si avvicinano, arrivano ad un passo dalla soluzione, poi hanno paura, non hanno la forza per fare l’ultimo passo e tornano ad allontanarsi.
Per questo sono due numeri primi gemelli: soli e vicini,  si vedono, si sfiorano per tutta la vita ma non riescono mai a toccarsi.

Proprio questa incapacità dei due ragazzi di relazionarsi con il mondo mi fa dire che il libro è devastante e si conclude senza lasciare un briciolo di speranza.
Mattia ha una colpa da bambino sulla coscienza, ha una mente matematica eccelsa e affronta i problemi ferendosi e tagliandosi i palmi delle mani.
Alice è zoppa, colpa di un incidente sugli sci di cui lei incolpa il padre. E naturalmente il rapporto col genitore è incrinato sin dai primi anni di vita. Lei reagisce smettendo di mangiare e percorrendo tutta la dura strada dell’anoressia (malattia che mai viene nominata nel romanzo).
Alice e Mattia trovano aiuto e comprensione solo l’una nell’altro, ma nemmeno quest’aiuto reciproco è sufficiente a salvarli e i due soli momenti del racconto in cui sono ad un passo dalla salvifica unione vengono spazati via in tutta fretta.

Non c’è via d’uscita, non c’è salvezza.

Paolo Giordano non è uno scrittore, è un matematico (o per lo meno lo era fino al successo di questo libro), eppure la sua prosa è scorrevole, decisa, pur non essendo particolarmente ricercata. Il libro si legge con facilità nonostante i temi trattati.

Ultime curiosità.
L’immagine di copertina è presa da questo account su Deviantart e sembra aver avuto grossa parte nel successo del romanzo.
Proprio in questi giorni si sta concludendo il casting per il film tratto dal libro che Saverio Costanzo girerà, naturalmente a Torino.

2 Comments

  1. maurizio says:

    sì, ma non ho capito se ti è piaciuto…
    un tuo commento?
    lo consigli?

  2. soloparolesparse says:

    @ maurizio
    Come posso consigliare o meno un libro… io dico quello che ci ho trovato dentro… se sono cose che possono interessare chi passa di qua… allora prendetelo come consiglio di lettura…
    “un romanzo terribile, devastante, che non lascia speranze”
    “Non c’è via d’uscita, non c’è salvezza”
    …direi che come commento è abbastanza esplicito… 😉

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