Re-Cycle, dei fratelli thailandesi Pang, dovrebbe essere un horror ma a parte qualche immagine un po’ forte, di paura certo non ne provoca.
Centodieci minuti che sembrano duecentoquaranta e sono perfettamente divisi in due storie diverse, entrambe bruttine. Cambio di registro e di tono dopo una quarantina di minuti di film.
Prima parte.
Chu è una scrittrice di successo che in tre anni ha pubblicato tre vendutissimi romanzi d’amore. Ora decide di cimentarsi in qualcosa di legato al soprannaturale, al filosofico ma ha non poche difficoltà.
Anche perchè si immedesima talmente nei suoi personaggi che ben presto quello che scrive si trasforma in realtà (o forse è lei che scrive quello che sta vivendo).
Si comincia col ritrovare dei capelli, poi alcune apparizioni (una nonna con una nipote), poi la situazione degenera e lei si trova in una città fantasma.
Questa prima parte sembra un horror classico orientale con tanto di musiche extradiegetiche che mirano a far crescere la tensione legata ad apparizioni misteriose.
Seconda parte – con spoiler.
Poi ci si trova nella città fantasma ed inizia un secondo film.
Il luogo (misterioso e affascinante) è un posto dove vivono tutte le cose e le persone dimenticate o abbandonate.
Ci sono i giocattoli che lei usava da bambina, un sacco di libri ed un sacco di gente.
E più si inoltra in questo mondo da incubo più scopre assurdità orribili.
Una grotta grondante sangue è il luogo dove continuano a crescere i bambini che sono stati abortiti (!).
Una sorta di cimitero scuro e grigio accoglie piangenti i morti per cui nessuno prega.
Il finale è un polpettone antiabortista davvero pesante ed esagerato.
Peccato perchè l’idea di base è buona e questo mondo del dimenticato affascinante e ben costruito.
La città fantasma ricorda quei quadri che sfruttano le illusioni visive, così piena di scale che salgono e scendono.
Ed è ottima anche la fotografia e la scelta di tante inquadrature.
La prima è decisamente curata, gioca con attenzione tra colore e bianco e nero, mette insieme dei veri e propri affreschi di un mondo irreale, cupo, oscuro eppure affascinante.
Le inquadrature poi sono spesso forzarte (come piace al bloggante), oggetti che nulla hanno a che vedere con la vicenda si trovano in mezzo e disturbano la vista (bene!).
Primi piani esagerati raccontano le emozioni della ragazza.
Ed anche il montaggio serrato e l’utilizzo di più macchine da presa in diverse scene ha un’ottima resa.
Ed allora perchè Re-cycle non mi è piaciuto?
Perchè la vicenda non si sviluppa oltre l’idea iniziale e soprattutto perchè lo svolgersi degli eventi (pochi) è talmente lento da risultare insostenibile.
Le infinite sequenze senza dialoghi (roba da dieci minuti!) sono la ciliegina marcia sulla torta ammuffita.
Per favore, che qualcuno scriva una storia decente per i fratelli Pang, perchè i due sanno come muovere una macchina da presa!