Le cronache dei morti viventi – Diary of the dead

Il buon George Romero ha preso l’abitudine di utilizzare i suoi zombie per prendere di mira le manie, le colpe, le fissazioni della società.
In realtà il giochino iniziò con Zombie (dove al centro del film c’era più la manie della gente per i grandi magazzini che non i morti viventi in quanto tali) più che ne La notte dei morti viventi (che invece era un grande horror punto e basta – si fa per dire).

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Così in Diary of the dead (al solito in Italia malamente tradotto con Le cronache dei morti viventi) il cuore del film di nuovo non sono gli zombie.
Ora… capisco che chi ha visto il film e si è trovato di fronte orde di barcollanti cadaveri pronti a mordere, strappare brandelli di carne e proseguire la loro ondeggiante camminata fino al definitivo colpo di pistola (o freccia, o picconata, nell’occasione) possa sentirsi un po’ spaesato a questa mia affermazione.

Però se vi fidate del sottoscritto mi sento in diritto di affermare che Romero questa volta aveva nel mirino il video, le mille immagini che saturano il mondo moderno.
Più volte nel film viene fatto notare come i media, i canali di informazione tradizionali travisino la realtà e solo grazie ai video condivisi in rete dagli utenti, grazie ai blogger (guarda un po’!), grazie alle possibilità di condivisione offerte dalla rete è possibile essere raggiunti dalla vera informazione, dalla vera conoscenza di quello che accade.

Ne è convinto Jason, uno dei ragazzi protagonisti, studente di cinema che si ritrova nel pieno del delirio zombie e decide di documentare tutto quello che accade fino a rimetterci ovviamente la pelle.
Si sente investito di un compito super partes, un’aura di diffusore di notizie, di documentarista estremo della tragedia che sta vivendo lo avvolge (aura che i giornalisti tradizionali hanno perso da tempo).

E Romero non manca di far passare il messaggio delle mille possibilità offerte dalla tecnologia moderna utilizzando tutti i tipi di ripresa di immagine a disposizione. Nel film ci sono immagini riprese con videocamere diverse, con telefoni cellulari, con telecamere di videosorveglianza, con tutto quello che è in grado di riprendere un video e poi caricarlo in rete.
Tutto questo è evidente, è detto chiaramente in Diary of the dead.

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E poi naturalmente c’è la parte horror del film. Non la troviamo nella tensione (davvero pochina) ma esclusivamente nella schiera di zombi che ormai, dopo anni di allenamento, sono diventati perfetti, credibili e riconoscibili. Un po’ di sangue schizza qui e là a condire i momenti più gore della pellicola.

Ah… non vi ho detto nulla della trama ma direi che è la cosa meno importante.
Un gruppo di ragazzi sta girando un film come prova d’università e si trova nel mezzo del disastro: zombie vari appaiono da ogni dove… e ancora una volta non sappiamo il perchè.
Si inzia nel mezzo della questione e si finisce che la situazione non è risolta, nella più classica tradizione romeriana/zombiana.
La scelta del finto documentario non regala nè toglie niente al film.

In conclusione… andatelo a vedere perchè è George Romero.

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