John Turturro e le Fiabe italiane di Calvino

Sono uscito dal Teatro Carignano con nell’animo un velo di delusione per Fiabe italiane / Italian Folktales di John Turturro.
A mente fredda mi rendo però conto che la delusione nasce da un mio errore di partenza.
Mi sono seduto nel mio palchetto aspettandomi qualcosa di sorprendente, di diverso, di innovativo ed invece il mio sosia Turturro (così dicono) ha messo in scena uno spettacolo decisamente tradizionale.

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Da questo nuovo punto di vista Fiabe italiane è davvero un buono spettacolo, ben fatto, divertente, con attori in grado di far risaltare le proprie personalità.
E l’idea di recitare in un misto di italiano, inglese e dialetti della nostra penisola (siciliano e napoletano soprattutto) funziona e riesce a dare quel tocco di qualità che ci si aspetta.
Elegante la scenografia, sebbene anche questa molto molto semplice, che riesce a dare un senso di unità alle vicende senza la necessità di cambiare la scena.
Ottima la musica della Paranza del Geco, piazzata in scena tra gli attori.

Turturro sceglie due delle Fiabe di Italo Calvino (in realtà tre trasformate in due storie) e le usa come doppio filo conduttore. Le due vicende scorrono parallele e finiscono per incrociare tutta una serie di altre fiabe.
Il risultato è godibile ma l’impressione è che le fiabe siano incollate tra di loro senza una particolare scelta registica che sia memorabile.
In questo collage si aggiungono canzoni della tradizione italiana (ottimamente interpretate dagli attori) e tutta una serie di proverbi sciorinati in serie. Tutto molto efficace ma rimane l’impressione di amatorialità nell’unione dei vari pezzi.

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Così il meglio dello spettacolo viene fuori dalle interpretazioni davvero notevoli di un cast che tra l’altro per buona parte è più abituato al cinema che non al teatro.
John Turturro è istrionico ed esagerato negli atteggiamenti. L’idea è quella di trovarsi di fronte un capocomico della tradizione italiana, e forse è proprio quella che il regista vuole dare. Si lancia in battute in un italiano storpiato che strappano qualche risatina e danno leggerezza all’insieme.
Max Casella fa una bella impressione e sembra padrone del palcoscenico del Carignano. Anche lui si muove sciolto nelle varie lingue ed usa il corpo in maniera egregia.
Meno memorabile, a mio modo di vedere, l’interpretazione di Jess Barbagallo che invece dovrebbe essere quella del gruppo più abituata a calcare un palcoscenico ed a trovarsi un pubblico di fronte. La sua è l’interpretazione più seriosa, più pulita ma meno esplosiva tra tutte.

Katherine Borowitz lascia continuamente nell’aria l’idea che sia davvero brava, però mi sembra che a spettacolo concluso non sia riuscita ad esprimere interamente la sua arte. Non so, questa è una sensazione che non sono riuscito a spiegarmi pienamente.
Aida Turturro è assolutamente devastante. Istrionica, esagerata, un fisicità ed una gestualità inarrestabili. Diverte e sembra decisamente divertirsi in scena. Quando intona (più o meno) O’Sarracino finisce inevitabilmente per coinvolgere il teatro e strappare l’unico applauso a scena aperta di tutta la serata.

Nota di merito anche per Aurora Quattrocchi, divertente e capace di giocare col pubblico in qualunque momento, e per Giuliano Scarpinato, appena diplomato alla scuola dello Stabile di Torino. Entrambi sfruttano (sono sfruttati) per la loro italianità e giocano molto e bene sui dialetti.

Fiabe Italiane e la famiglia Turturro sono al Carignano per tutta la settimana, poi Napoli e Milano.

(credits foto: Gianni Fiorito)

One Comment

  1. Dottor Pancrazio says:

    Diciamo pure che I agree. I liked so much ‘sto spettacolo. M’addivirtivi, I thought, ci battiv’i manu.
    Turturro is great but his cousin ruba la scena!
    Nota di merito per Aurora Quattrocchi you say? Correct.
    Da vedere, si putiti.

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