In Italia negli anni ’70 si era scatenata la mania del soft porno, film a tema erotico che mostravano donne nude impegnate in rapporti sessuali continui e spesso lesbici, che però mai venivano mostrati nei dettagli (c’è poi la leggenda spesso reale che girassero copie dei film con le scene complete di rapporti sessuali per un mercato diciamo non ufficiale, ma questa è un’altra storia).
Donne emancipate ma spesso vittime della propria libertà sessuale.
A questo filone appartiene sicuramente Gola profonda nera che nel 1976 ruba il titolo alla Gola Profonda originale ma si discosta molto da quel film per avvicinarsi invece in maniera decisa alla serie di Emanuelle nera (mi raccomando con una sola M), di Bitto Albertini prima e Joe D’amato poi, con la splendida Laura Gemser.
Così Guido Zurli mette in scena il corpo filiforme e d’ebano di Ajita Wilson per ritagliarle una vicenda che segue la linea della bella nera e sessualmente attiva.
Se Emanuelle era una fotografa, Claudine è invece una giornalista che indaga, contro il volere del suo capo, su una serie di festini a sfondo sessuale che coinvolgono ministri e sottosegretari e che al centro dell’orgia hanno spesso una minorenne.
Ora… non è dato sapere se i festini in questione si svolgessero ad Arcore (ma pare che la vicenda sia ambientata a Parigi) nè se la minorenne in questione fosse una marocchina nipote del presidente egiziano, ma è chiaro che Silvio nostro non ha inventato un bel niente… si è solo fatto beccare col pisello nella minorenne… le mani nel sacco! Volevo dire le mani nel sacco!
La nostra Claudine ha anche un problema ulteriore.
Quando sente una particolare musica le scatta un interruttore nel cervello e deve assolutamente fare sesso col primo uomo che si trova davanti, e se si tratta di una donna non fa differenza.
Più che una malattia è proprio un istinto incontrollabile… le parte l’embolo e si scalda come un hot dog… diciamo un hotdoggessa così ci capiamo meglio.
Il fim non ha altri meriti che quello di mostrare il corpo nudo di Ajita in tutto il suo splendore africano.
La vicenda è ovviamente debole e piena di imprecisioni.
Ma ripeto che l’obiettivo di questi film era quello di solleticare l’eccitazione del maschio italiano con bellezze esotiche.
Al punto che spesso attori e registi (vedi Albertini e lo stesso D’amato) firmavano queste pellicole con pseudonomi americani per rendere ancora più lontano nello spazio l’evento raccontato.