Wayne Stables racconta il making of de Le avventure di TinTin

Il fatto che sia stato Wayne Stables in persona a raccontarci la differenza tra Motion Capture e Performance Capture mi fa pensare che il sottoscritto non sia proprio un cretino e la questione non è chiara a molti.
Rimane il fatto che io di tecnologia applicata al cinema non sia assolutamente un esperto, pur essendone fortemente affascinato.

Per completezza di informazione sappiate che Stables dice che la Motion Capture può essere riferita alla cattura del movimento del corpo (la tutona nera, per intenderci), mentre la Performance Capture riguarda il dettaglio delle espressioni dell’attore, il quale (in maniera per me incomprensibile) recita in una scenografia praticamente inesistente, con una mascherina tutta puntinata ed una microcamera puntata a 10 centimetri dal viso!

Torniamo a bomba.
L’occasione per incontrare Wayne Stables (che è uno degli uomini della Weta Digital) è stata ovviamente fornita dalla View Conference e l’incontro era destinato alla presentazione (prima al mondo) del making of di Le avventure di TinTin, il film di Steven Spielberg che è in uscita questo venerdì.

Stables ci ha mostrato una serie di filmati relativi alla lavorazione del film davvero affascinanti.
Ci ha raccontato e fatto vedere come i personaggi sono stati realizzati, le varie fasi, le centinaia di versioni diverse, partendo dal fumetto fino alla versione finale.
E lo stesso lunghissimo lavoro è stato fatto per la realizzazione degli ambienti, sempre a partire dal fumetto.
La Weta ha realizzato interi palazzi digitalmente, fin nei minimi dettagli dell’arredamento, anche se alcuni locali non sono poi stati utilizzati nel film.

Ripeto che la cosa che mi affascina maggiormanete della motion capture è vedere gli attori in studio recitare nel nulla, circondati da scheletri che diventeranno oggetti, personaggi, palazzi.
Le immagini che Stables ci ha mostrato rendono davvero merito al lavoro immenso che c’è dietro ad un film del genere.

Un paio di curiosità rivelate durante l’incontro.

Dice Stables che Spielberg aveva da anni intenzione di lavorare su questo soggetto, ma gli incontri di qualche anno fa non l’avevano convinto pienamente, riteneva che la Weta dovesse fare ancora un po’ di esperienza.
“Così – dice Stables – abbiamo dovuto fare un po’ di esperienza con un filmetto come Avatar e solo a quel punto Spielberg ha ritenuto fossimo pronti per lui”.

La seconda curiosità è la rivelazione che alla Weta si sono molto ispirati ad alcune delle pellicole di Hitchcock per ricreare le situazioni e gli ambienti, soprattutto a livello di luce.

 

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