Alessandro D’Avenia è professore di liceo ed in quel mondo ambienta il suo Bianca come il latte, rossa come il sangue. Solo che protagonista della vicenda è un ragazzo, sedicenne, che in un anno di scuola sarà costretto a crescere parecchio e ad affrontare situazioni che esulano dalla scuola: la vita e la morte.
Leo ha 16 anni ed innamorato cotto di Beatrice e dei suoi capelli rossi. Solo che la bella liceale non sa nemmeno della sua esistenza e quando finalmente Leo decide che è il momento di rivelarsi, non fa in tempo a farlo perchè scopre che Beatrice è malata, molto malata, ha la leucemia.
La vita da tranquillo liceale del ragazzo viene rivoluzionata, le priorità cambiano, entra in gioco il bianco (colore che lui odia), entra in gioco Dio, in cui non crede, entra in gioco il tempo che passa. E per un pelo dal gioco non escono Niko, il suo compagno di mille battaglie non solo sul campo di calcio, e Silvia, l’amica di sempre, l’unica che lo capisce veramente, che sa tutto di lui, con la quale riesce a confidarsi.
D’Avenia usa la tecnica del diario per raccontare questa storia. Ma il diario di Leo è un diario particolare, niente date, per nulla tradizionale, è un flusso di pensieri e riflessioni, piccoli capitoli facilmente leggibili.
Pagina dopo pagina seguiamo l’evoluzione e la crescita del personaggio che da ragazzino diventa uomo suo malgrado dovendo affrontare una situazione molto più grande di lui, una situazione di fronte alla quale a 16 anni non bisognerebbe trovarsi: la malattia e la morte.
Il libro è interessante, ben scritto, molto coinvolgente. I temi sono tanti e sviluppati su più livelli. Non ci sono risposte, ma una serie di domande.
E poi c’è il professore Sognatore, alter ego dell’autore, che prova a tirare le fila del discorso e a cui Leo si aggrappa come ancora di salvezza.
Da questo libro il film di Giacomo Campiotti, ben fatto e forse più funzionale ancora del libro.