Una mala jurnata per Portanova di Alberto Minnella

Siracusa, 1964. E’ l’ambientazione precisa, netta per la nuova avventura del commissario Portanova. E il titolo Una mala jurnata per Portanova (Fratelli Frilli Editori) racchiude in sè già tutto quello che Alberto Minnella sta per raccontarci.

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Il titolo ci dice già tutto del carattere del commissario, di quanto la terra di Sicilia sia presente in questa vicenda, di come le cose non andranno proprio splendidamente e di come il protagonista si in toto il commissario Portanova.

In porto è da poco arrivata la nave Experia quando viene trovato il cadavere di un ragazzo, il cui padre è scomparso. Portanova si lancia nelle indagini affiancato dalla sua squadra e dovrà fare a meno della vicinanza della moglie Carla, la cui presenza solitamente gli da forza.

Ne verrà fuori una storia che nasconde molti segreti e che il commissario dovrà snodare pezzo dopo pezzo.

Minnella usa uno stile da noir classico, con il protagonista che racconta e non fa mistero delle sue difficoltà quotidiane, dei suoi errori, delle sue debolezze. E usa anche una prosa che raccoglie a piene mani dal siciliano, inventando una lingua che è un mix dei diversi dialetti dell’isola eppure risulta efficace.

Impossibile non provare un paragone tra Portanova e Montalbano. Ci si rende però conto che i due sono molto lontani come carattere, come modo di agire. Portanova è più malinconico, più turbato, ma anche più duro, quasi per nulla ironico. La sua è una Sicilia diversa, anche temporalmente.

Portanova riflette, rimugina, aspetta l’illuminazione, tratta male i suoi uomini (che però rispetta profondamente) e anche gli indagati, se è il caso.

Poi però arriva a concludere il ragionamento, coglie i dettagli e chiude il caso. Senza trionfalismi, senza vittoria, quasi come fosse comunque e inevitabilmente una sconfitta morale…

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