Ed eccolo qui Frankenstein secondo Ishiro Honda, non poteva certo mancare nella serie dei mostri del regista giapponese.
E non c’è dubbio che Frankenstein alla conquista della terra sia un prodotto di Honda, un mostro dei suoi, pur partendo da un personaggio con una storia (per di più occidentale) importante.
Siamo nel 1945 e mentre gli alleati invadono la Germania i nazisti consegnano ai Giapponesi il cuore di Frankenstein (ovviamente la creatura, non il professore).
Pare che questo cuore sia indistruttibile e, opportunamente alimentato, in grado di ricostruire i tessuti. Ottimo quindi per sperimentare l’immortalità.
Il problema è che il cuore viene conservato ad Hiroshima e così allo scoppio della bomba atomica succede un delirio.
Venti anni dopo un tris di scienziati sta studiando gli effetti delle radiazioni, quando compare un misterioso vagabondo che sembra immune alla radioattività.
Si scoprirà che è Frankenstein che verrà studiato e protetto dagli studiosi e naturalmente ricercato dall’esercito.
Anche perchè il ragazzo cresce a dismisura e diventa un gigante pericoloso.
Il film si può dividere in due momenti.
La prima parte è estremamente interessante, anche dal punto di vista sociologico.
Honda mette in gioco (questa volta direttamente) la grande paura dei giapponesi: l’eplosione atomica di Hiroshima.
In prima battuta lo fa senza nemmeno nominarla ma facendo comparire in sovrimpressione una data che nell’immaginario nipponico dice tutto: 7 agosto 1945!
Poi la rflessione su Hiroshima si fa più ampia e diretta.
Frankenstein interessa gli scienziati perchè è immune alle radiazioni e i protagonisti hanno dedicato la loro vita a questi studi.
E attenzione! Perchè nel film c’è anche uno scienziato americano che ha partecipato alla realizzazione della bomba atomica ed ora si sente colpevole e vuole rimediare (interpretato da Nick Adams, uno degli attori feticcio di Honda).
Non manca la riflessione sull’umanità o meno della creatura e la lotta psicologica tra umanità e scienza.
Poi Frankenstein cresce, a dismisura, e diventa nient’altro che uno dei classici mostri di Honda, e come tale viene gestito dal regista.
Pericoloso (quasi suo malgrado), distruttore, inseguito e comunque destinato ad aiutare gli uomini.
Fino ad arrivare allo scontro finale nel più classico stile Honda, ubno scontro affascinante, lunghissimo, con doppia sorpresa finale.
E ci si sente un po’ più a casa.