TFF30 – Blancanieves e i sette toreri

Nessun dubbio che Blancanieves sia di gran lunga il migliore dei tre film su Biancaneve usciti quest’anno (ci son storie ricorrenti, che volete che vi dica).
Pablo Berger realizza un bel mix di storie filtrando la fiaba con la tradizione della tauromachia spagnola e lo fa con stile ed eleganza (ed una bella dose di ironia).

Carmen è figlia del più grande torero di tutti i tempi, nata proprio il giorno in cui il padre rimane paralizzato dopo un incidente nell’Arena. E la madre muore nel darle la luce (insomma una tragedia).
Il padre si risposa e la matrigna costringe la bimba ai lavori più umili.
Poi, quando la ragazza cresce, cerca di farla fuori ma lei fugge nel bosco e viene salvata da un gruppo di nani (si, ok… fin qui tutto normale) toreri (eccoci!).
E con loro riscopre l’arte che fu del padre preparando così la sua vendetta.

La parte migliore è la ricostruzione del mondo delle corride, della passione spagnola per la lotta col toro.
Da questo punto di vista l’inizio è un omaggio (ritorno?) a roba del calibro di Sangue e Arena.
Poi però c’è dentro un sacco di altra roba, a partire dalla figura straordinaria dei nani toreri, che portano in giro uno spettacolo di corrida per il popolo, nelle piazze.

Non manca molta ironia ed un filo di grottesco in alcuni momenti (con un finale che omaggia addirittura Freaks).
L’integrazione tra la fiaba classica e il mondo delle corride è perfetta, emozionante.
Il sorriso e gli occhi brillanti di Macarena García sono uno spettacolo!

Vi dirò che funziona molto bene anche il bianco e nero con cui Blancanieves è girato.
Quello che mi sfugge è perchè mai Berger abbia voluto girarlo come se fosse un film muto, senza dialoghi, solo con musica di accompagnamento (e che flamenco che si sente!), con i cartelli per le battute ed addirittura in un formato che è quasi quadrato.
Scelta che sinceramente mi lascia perplesso per il semplice fatto che non aggiunge nulla di più al film e nemmeno ha il senso di omaggio al muto che aveva The Artist.

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