Code of the West, le contraddizioni americane sulla cannabis terapeutica

La prima versione di Code of the West è uscita nel marzo del 2012, mentre si prevede che la seconda e aggiornata versione del film sarà completata entro la prossima primavera.

Il docufilm, realizzato dalla regia di Rebecca Cohen, rappresenta una critica alla struttura del sistema giuridico degli Usa nella gestione della produzione di cannabis terapeutica, rispetto alla quale c’è un’evidente conflittualità tra le leggi dei singoli Stati e il comportamento delle autorità federali.

La marijuana terapeutica è già legale in 18 Stati della confederazione statunitense, oltre ad essere stata legalizzata anche in molti altri Paesi europei ed extraeuropei; regolamentazione, questa, che ha seguito quella già precedentemente attuata a proposito dell’acquisto dei semi di canapa, che può avvenire legalmente anche sul web, come qui.

Dalle storie e dalle indagini riportate dalla regista, emerge una realtà complicata e paradossale: nonostante infatti la legge statale tuteli e protegga l’attività di numerosi cittadini nel settore della produzione di marijuna destinata ad un uso medico, continuano ad avere luogo arresti di queste stesse persone da parte delle forze federali, facendo emergere una lampante contraddizione ed ingiustizia.

Ed è proprio questa la denuncia che la Cohen vuole mettere in evidenza, nel suo primo documentario realizzato così come nella seconda versione, a cui la stessa regista ed i produttori hanno deciso di iniziare a lavorare anche in seguito all’imprigionamento da parte delle autorità federali dei membri del gruppo Cannabis Montana (ovvero l’associazione che si proponeva di trovare soluzioni alla gestione della produzione di marijuana medica in Montana), i cui fondatori avevano raccontato le loro testimonianze nella prima opera investigativa e di denuncia della Cohen.

Particolarmente tragica è la storia di Richard Flor, uno dei membri del gruppo, il quale è stato incriminato, imprigionato sotto la custodia federale e deceduto in carcere nell’agosto del 2012.

Da sottolineare è il fatto che la realizzazione del documentario sia stata possibile, oltre che grazie alla volontà e alla determinazione della Cohen, fondatrice tra l’altro della Racing Horse Production, anche grazie alle numerose donazioni che sono state fatte tramite il sito Kickstarter.com da privati che hanno sposato la causa del film. D’altra parte internet, con i numerosi siti informativi sulle proprietà terapeutiche della cannabis, sui vaporizzatori per uso medico e sulle altre attrezzature utili alla somministrazione di cannabinoidi ai pazienti, si è spesso dimostrato e continua a confermarsi strumento molto valido e democratico quando si parla di pluralità di idee ed informazione e di possibilità di partecipare attivamente e fare la propria parte all’interno di un progetto o per raggiungere un determinato scopo.

Leave a Comment

Powered by WordPress | Deadline Theme : An Awesem design by Orman