Wired Italia, quello che gli altri non dicono

E così ieri è finalmente arrivato nelle edicole italiane (e in alcune buche delle lettere particolarmente tempestive) il primo numero di Wired Italia.

Atteso, lungamente preparato, dettagliatamente presentato, finalmente è finito nelle mani dei lettori, comprese le mie.
Nella giornata di uscita ne hanno già parlato un pò tutti.
Tra i primi gparker, che è rimasto positivamente colpito dalla foto della Montalcini in copertina, e Massimo, che è rimasto negativamente colpito dal sito (lanciato parallelamente all’uscita del numero 1).

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Visto che c’è chi ha già sezionato nei dettagli il cartaceo del primo Wired Italia, non mi lancerò in ulteriori considerazioni sugli articoli, sulle foto, sulle firme, su tutto quello che è già stato detto altrove.
Proviamo invece a dare uno sguardo a quello che di solito meno si nota in un magazine (ma che a volte può fare la differenza).

Si comincia, dopo 8 pagine 8 di (inevitabile) pubblicità con l’editoriale di Riccardo Luna, graficamente molto mosso (ma non è una novità e comunque non nella versione web) e completamente incentrato sull’idea del ritorno a casa: sedici anni fa l’italiano Louis Rossetto inventava Wired ed oggi la rivista torna al suo paese d’origine.
Comprensibile.

Attenzione però alle pagine pubblicitarie che ho appena bistrattato: sono di un’eleganza degna della rivista. Si affiancano senza imbarazzi (almeno quelle della prima parte) alle belle foto che coronano gli articoli.
Se devo riempire il giornale di pubblicità che almeno siano belle e si facciano guardare… avranno pensato in Wired.
E alcune strizzano l’occhio al lettore, che si presume leggermente geek e sicuramente giovane e tecnologico.
Vi segnalo in particolare la pubblicità Mini a pagina 30, falsamente interattiva, e quella Citroen a pagina 78-79, che interattiva lo è veramente.

Altra segnalazione per le 24 ore curate da Sofri e Ballestra, 24 storie di italiani (una per ogni ora della giornata) che occupano 20 pagine della rivista. Sono storie di tecnologia, di innovazione, di buone idee per migliorare la vita di tutti e seguono la filosofia Wired in tutto e per tutto.

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Una nota anche per i disegni stile fumetto con cui sono rappresentati alcuni dei collaboratori di questo numero. Danno l’idea di lasciar vivo un gancio che pesca dalle riviste del secolo scorso (e guardare alle radici non fa mai male).

Se devo dire cosa non mi piace direi l’Inbox iniziale con una sorta di autoreferenzialismo tratto dal web. Tolto dalla sua sede naturale perde significato e attualità. Che senso ha riportare uno scambio di battute via twitter sulla carta?
Stesso discorso per le Faq tecnologiche. Una rivista di questo livello dovrebbe sapere che risposte del genere si possono avere in rete in tempo reale senza aspettare un mese per le risposte sulla carta.

Ripeto: sugli articoli e le rubriche non dico nulla perchè altri ne stanno già parlando, permettetemi una sola nota.
Ci sono almeno quattro o cinque storie curiose di cui avevo già sentito parlare e di cui ho poi perso le tracce: mi ha fatto piacere ritrovarle e poterle approfondire.

In conclusione? Mi piace Wired Italia? Rimanderei la risposta al prossimo numero anche se l’offerta per l’abbonamento biennale è talmente bassa che potrei farci un pensiero fin da subito.

(foto tratte da Wired Italia)

2 Comments

  1. f says:

    insistono con sta storia…

    louis rossetto è italiano più o meno come robert de niro

  2. soloparolesparse says:

    @ f
    …bhe… effettivamente…

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