Pomodori verdi fritti alla fermata del treno

Attenzione: il post contiene rivelazioni sulla trama del film.

Il genere non è il mio preferito.
America anni 30, una storia di donne che si ribellano al maschilismo e alla xenofobia quotidiana, con tanto di incappucciati del Ku-Klux Klan e nero grande e grosso ma dal cuore buono.
Pomodori verdi fritti alla fermata del treno è però un bel film e le storie quotidiane dei personaggi sono ben avvinghiate intorno al giallo che fa da filo conduttore.

Chi ha ammazzato Frank Bennet?
O meglio ancora: è stata Idgie Threadgoode ad ucciderlo?

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La domanda viene formulata nei primi minuti della storia e si trascina fino alla fine dando buona vita a tutta la pellicola.
Ed è ben costruito anche il continuo passaggio dagli anni 30 ai 90 quando una ormai vecchia Idgie (la cui identità rimane misteriosa fino alla fine solo alla sua non troppo intuitiva interlocutrice) racconta tutta la vicenda ad una splendida Kathy Bates (come sempre magnifica ed indimenticabile nei panni di Towanda la vendicatrice).

Le atmosfere create da Jon Avnet intorno al Caffè di Whistle Stop sono molto tipiche del periodo e raccontano un America difficile dove le differenze sociali e razziali erano molto marcate. L’America dal cui crollo è poi nata la società multirazziale attuale.
Ed anche la vicenda è ben orchestrata così come l’amicizia estrema tra Idgie e Ruth, amicizia nella quale è facile intuire una passione lesbica che però non viene mai dichiarata (mentre scopro che nel libro questo aspetto era molto più sviluppato).

Il film si lascia godere con facilità, sia da chi aspetta la soluzione del giallo sia da chi vuole solo gustare l’affresco anni 30.
E se invece siete curiosi ma non avete voglia di beccarvi tutto il film… facciamo così… ve lo dico io.
Idgie non ha ucciso Frank!
E non è stato neppure Big George… ma la di lui madre!
Idgie però si accolla il rischio di subire il processo ben sapendo che ha molte più possibilità di scamparla rispetto al suo servitore nero.

E questo è tutto.

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