C’era una volta la città dei matti

La Rai sta strasmettendo l’ennesima fiction dedicata alle piccole storie che hanno fatto la grande Storia del nostro Paese.
C’era una volta la città dei matti racconta l’esperienza rivoluzionaria di Franco Basaglia, la sua vita nei manicomi italiani. In particolare il suo duro approccio con l’Ospedale Psichiatrico di Gorizia dove si rese conto direttamente delle condizioni in cui i malati di mente erano obiettivamente reclusi.
Il modo in cui cercò di cambiare le cose ed il processo che portò all’approvazione della Legge Basaglia, quella che decise la chiusura degli ospedali psichiatrici sul territorio italiano.

Il film di Marco Turco sembra essere un buon film, sebbene è innegabile l’eccessiva caratterizzazione dei personaggi e la vicenda sia decisamente troppo romanzata.
Frabrizio Gifuni è comunque bravo, Vittoria Puccini decisamente neutra…
Il forte accento veneto con cui parlano tutti i personaggi non disturba ma racconta di un’Italia che negli anni ’60 era ancora fortemente regionale.
La caratterizzazione dei personaggi cui accennavo prima tocca inevitabilmente in maniera pesante i malati di mente protagonisti. Si va dalla coppia fascista e comunista, sempre in lotta tra loro ma poi i veri motori della ripartenza, al gigante buono, alla sorelle anziane che giocano con le bambole…

Aspetti tecnici del film a parte (la narrazione è comunque godibile e la fiction si lascia seguire senza eccessi), vorrei fare una veloce riflessione sulla linea presa dai due principali network italiani.
Rai e Mediaset (soprattutto la prima) ci hanno ormai abituati a fiction incentrate su personaggi importanti ma poco conosciuti della storia italiana.
Abbiamo visto preti e santi, banditi e industriali, politici e carabinieri.

Personalmente ritengo che questa “moda” possa essere giudicata sotto due punti di vista diametralmente opposti.
Senza dubbio è una buona cosa raccontare vicende e personaggi che non trovano certamente spazio nelle aule scolastiche. Si riesce così a raggiungere una vasta fascia di popolazione e renderla edotta sulla storia italiana, su quelle vicende personali che messe insieme hanno scritto la personalità del nostro paese.

Daltra parte però c’è il rischio che vicende del genere riassunte in due puntate di un’ora e mezza lascino indietro particolari importanti e condensino episodi storici in pochi minuti.
Rischio a cui bisogna aggiungere quello (ancor più grave) che la riduzione televisiva non sia corretta, sia troppo romanzata e si discosti troppo dalla realtà storica (e naturalmente non faccio riferimento alla volontarietà della produzione di dare una propria interpretazione – cosa che non è da escludere in alcuni casi).

Se posso dare un consiglio di visione allo spettatore italiano, lo inviterei a guardare le fiction in questione ma non prenderle per oro colato. Meglio ancora… a prenderle come spunto di conoscenza per poi approfondire gli argomenti con una veloce ricerca magari in rete (vedi il link iniziale sulla storia di Basaglia).

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