La città verrà distrutta all’alba – The crazies

La città verrà distrutta all’alba è forse il caso più classico ed emblematico di modifica di un titolo di film nella versione italiana.
L’originale The Crazies è decisamente più logico e funzionale e rimangono misteriosi (si fa per dire) i motivi per cui il titolo del film di Romero venne modificato nel 1973.

Ovvio invece che il remake di cui vado a parlarvi, quello firmato Breck Eisner, abbia mantenuto il titolo scelto per la versione originale.

Come sempre (o quasi) vi invito a fare in caso di remake, il consiglio è di prendere questo film come un capitolo a se e di evitare i paragoni con l’originale romeriano, stessa cosa che proverò a fare io.

La trama è quella che conoscete.
Una cittadina americana viene sconvolta in poche ore dalla progressiva pazzia dei suoi abitanti, che diventano folli e violenti al punto di eliminarsi da soli.
La causa è la caduta di un aereo che trasportava un’arma batteriologica, il risultato è un disastro.
L’esercito mette in quarantena la cittadina ed elimina sistematicamente i suoi abitanti (folli o meno che siano).
Lo sceriffo, la di lui moglie medico, il vice sceriffo e la giovane assistente della moglie, provano a fuggire costretti ad evitare i concittadini folli e le truppe armate.

L’inizio è un veloce flash sulla vita quotidiana della cittadina, gente che lavora nei campi, gente che cammina per la via.
Un giorno qualunque in una città qualunque. La musica aiuta a dare un senso di serenità.
Si piomba ben presto però nel centro del problema, anche se ovviamente il primo caso di follia viene preso come un dramma locale ma isolato.
La situazione è ben resa, con la rabbia della moglie e del figlio contenuta e composta.

Quello che funziona meno di tutto nel film è l’intuizione un po’ troppo immediata dello sceriffo che capisce con un colpo di genio causa e motivazioni di quello che sta accadendo.
Diciamo che avrebbero potuto prendersela un po’ più comoda e regalare ancora una decina di minuti alla prima parte del film, costruendo un po’ meglio l’inizio dell’epidemia.

Quando poi però ci si trova in pieno disastro le cose funzionano alla grande.
Davvero kafkiano l’intervento dell’esercito, con la popolazione deportata ed i protagonisti spersi nella propria città incapaci di rendersi conto di quello che sta accadendo.
Situazione incredibile, in cui è difficile raccapezzarsi e che non sembra lasciare vie d’uscita. Eisner la costruisce alla grande ed il volto allucinato di Timothy Olyphant aiuta a renderla ancora più inquietante.

Almeno due le sequenze da segnalare per la particolare riuscita.
Lo sceriffo che accoltella uno dei folli assestandogli una precisa manata sulla giugulare, nella mano c’è infilzato il coltellaccio e giustizia è fatta.
La sequenza dell’autolavaggio nella sua interezza. Claustrofobica nella costruzione e nello svolgimento, davvero ottima.

E visto che ci siamo vi segnalo anche una delle inquadrature finali, con i superstiti che guardano a distanza la propria città distrutta e illuminata da un’alba innaturale.
Un vero quadro con i colori dell’ecatombe, degna chiusura di un film godibile in cui però manca quel qualcosa in più che gli permetterebbe di essere ricordato anche tra qualche mese…

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