THFF11 – The Gerber Syndrome – come si fa un mockumentary

Se guardate sul dizionario alla voce Mockumentary, da oggi in poi potreste trovarci The Gerber Syndrome.
Il film di Maxi Dejoie è un pulitissimo finto documentario perfettamente realizzato seguendo i canoni di quello che ormai è un genere a tutti gli effetti.

Nel mondo, in Italia in particolare, si sta diffondendo un virus estremamente pericoloso: il morbo di Gerber.
La pericolosità deriva dal fatto che sembra una normale influenza fino a quando non giunge alla terza fase, quando il contagiato perde la cognizione della realtà e diventa violento.
In più la mortalità è bassa, il che provoca una enorme diffusione.

Una troupe televisiva segue un medico che si occupa della malattia ed un ragazzo del Central Security, l’ente istituito in tutta fretta per andare in giro per le strade a recuperare i malati all’ultimo stadio.
La troupe riesce anche a seguire la malattia di Melissa, che prova a sperimentare una rischiosissima cura non autorizzata.

Interviste per strada, riprese sul campo, dettagli sulla vita dei protagonisti. Nel film di Dejoie c’è tutto quello che ci si aspetta di trovare in un finto documentario e la realizzazione tecnica è così precisa che non sono riuscito a trovare un’inquadratura su cui poter dire “ma questa in un documentario vero non ci starebbe mai”.

Insomma uno splendido lavoro (sarebbe peraltro anche uno splendido documentario se fosse vero) nel successo del quale hanno buona parte anche le interpretazioni.
E siccome siamo in un mock, il merito  in questo caso è proprio di non far sembrare che il tutto sia recitato.
Dubbi, imbarazzi, pause, addirittura maggior scioltezza man mano che la faccenda va avanti… esattamente come si comporterebbe una persona non abituata a stare davanti ad una macchina da presa.

Il discorso vale per Sax Nicosia e soprattutto per Luigi Piluso (che all’esordio sulla scena lo è veramente), così come per Pia Lanciotti e Beppe Rosso.
Vale ancora di più per Valentina Bartolo, sorprendentemente credibile nel rappresentare i momenti peggiori e più drammatici della malattia.

Una curiosità che non può sfuggire.
Ad un certo punto c’è un’intervista ad un parroco, il quale conclude il suo discorso con un invito ad “avere fede, a pregare, a credere in Dio”. E ad ogni pausa si spegne una luce nella sacrestia finendo sul nero più completo.
Dubito sia un caso…

Finale drammatico con dati e numeri che non lasciano speranze.

Nota.
The Gerber Syndrome ha conquistato (gli abbiamo assegnato) la menzione speciale con la seguente motivazione:

“Perché il film ha un impianto molto credibile, recitato con giusti toni, anche se paga lo scotto di un’evidente mancanza di fondi, però ha il coraggio di percorrere vie inusuali nel mercato cinematografico.”

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