L’armata perduta di Valerio Massimo Manfredi

Il romanzo storico, o che comunque riprende avvenimenti storici per romanzarli, non è il mio genere preferito. E tra i periodi storici, che invece mi appassionano parecchio, le guerre del periodo greco non mi entusiasmano (amo di gran lunga di più gli aspetti artistici e filosofici della Grecia antica e preferisco il Medioevo come periodo di scontri fisici).


Detto questo però è innegabile che Valerio Massimo Manfredi abbia un’abilità notevole a romanzare momenti storici e che L’armata perduta sia un modo ottimo per conosceree un evento non proprio dei più famosi.

Si parte da l’Anabasi di Senofonte (che è anche il protagonista del romanzo), cioè il racconto dell’incredibile viaggio durato un paio di anni di un’armata di diecimila soldati greci alla volta dell’impero di Persia (e ritorno). L’armata venne messa insieme da Ciro per attaccare (ma l’obiettivo non fu dichiarato) il fratello Artaserse, Gran Re dei Persiani. Ciro morì nell’impresa e il maxi esercito dovette tornare a casa guidato da un manipolo di comandanti e affrontando nemici di ogni tipo, inverni e valici montani.

Tutto questo nel libro di Manfredi viene raccontato da una donna. Una di quelle che viaggiarono insieme alla grande armata, compagna di Xeno e di cultura decisamente fuori portata per una donna di quel periodo.

Il risultato è un libro comunque affascinante, pieno di combattimenti, avventure, morti, sconfitte, vittoire, idee, fantasie, sogni, tentativi di sopravvivere. Ma anche un ottimo modo per scoprire come vivevano gli eserciti all’epoca, visto che le basi dei racconti di Manfredi sono sempre rigorose.

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