Non aver paura della zia Marta – Mario Bianchi è Robert Martin

Daccordo, non stiamo parlando di un capolavoro! Però siamo in quel filone horror anni 80 che mi affascina da sempre e continua a farlo ogni volta che scopro qualcosa che non conoscevo.
Non aver paura della zia Marta (ma anche The broken mirror o The murder’s secret) è del 1988, diretto da Mario Bianchi con lo pseudonimo Robert Martin (abitudine molto in voga in quegli anni per dare un qualcosa di esotico ai film, tanto che lo stesso Bianchi ha diretto con almeno 4-5 nomi diversi). Ma poi succede che la versione che ho visto ieri notte è firmata Mario Bianchi e presumo fosse una riduzione televisiva.
Il film appartiene alla serie Lucio Fulci presenta ed il maestro dell’horror all’italiana compare anche come produttore, sebbene la leggenda vuole che il buon Fulci niente a che vedere abbia avuto con questa pellicola.

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Lentezza esasperante, a volte eccessiva. L’idea è quella di creare una suspance continua, che però fatica a crescere, e poi tutto dovrebbe esplodere nei dieci minuti finali con la serie degli omicidi ma anche qui il terrore non raggiunge certo livelli insopportabili.
Abbastanza degne invece le parentesi splatter, almeno per la morte del bambino e della madre (entrambi improbabilmente decapitati il primo con una sega elettrica, la seconda con una cassapanca!).

E poi naturalmente (irrinunciabili in questi film) nudi sparsi a casaccio di Adriana Russo e Jessica Moore (ben più in carne delle bellissime di oggi), con tette e culi in bella vista ma decisamente forzati nella storia.

C’è insomma tutto quello che ci si aspetta dal film, compresi i dialoghi un pò scarni e la spiegazione finale dell’assassino inserita nella maniera più sbagliata possibile (roba da corso di sceneggiatura).

Una nota di merito invece per la scena della famigliola ormai cadavere finalmente riunita a tavola per la colazione. Ironica e ben riuscita… mi ricorda decisamente una simile tavolata con commensali Leatherface e la sua famigliola in Non aprite quella porta.
Ma se parliamo di citazioni c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Il bambino è evidentemente simile alla bambina di Profondo Rosso, con curioso rapporto con le lucertole compreso.
La scena del bambino a confronto con il televisore è estrapolata da Poltergeist (e nulla centra con la vicenda).
Il carillon finale è un classico argentiano e la scena della doccia è addirittura un omaggio a Psycho visto che riprende anche le stesse inquadrature e quel montaggio affannoso e delirante che inventò Hitchcock. Certo il colore cambia la prospettiva ma la scena non è male…

Lo so… mi rendo conto di aver sciorinato una serie di critiche non indifferenti, ma credetemi se vi dico che il film mi è piaciuto e guarderei continuamente pellicole come questa.
La storia?
Padre, madre, ragazzo ribelle, immancabile ragazza adolescente e altrettanto immancabile bambino vanno a trovare per la prima volta la zia Marta, la cui storia è sconosciuta e segreta. La donna in realtà è da due anni uscita dal manicomio e li sta aspettando per vendicarsi… o forse non è lei ad aspettarli…

One Comment

  1. maurizio says:

    belle queste recensioni.
    secondo me dovresti fare una rubrica settimanale…

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