Brividi e maiali, di Gianni Gribaudo

Inutile far finta di niente. Accostarsi a Brividi e maiali, Sem Libri, vuol dire entrare nel mistero di Gianni Gribaudo. Chi si nasconde dietro lo pseudonimo del fantomatico giornalista piemontese? Per il momento non è dato saperlo (e va bene così) ma ciò che stupisce è che nel 2018, con la potenza di Google e dei social network a disposizione, il mistero di uno pseudonimo riesca a resistere.


Poi c’è il libro, ed è un poi per nulla secondario, perchè è un gran bel giallo di provincia con un protagonista quasi per caso. Tal Gianni Gribaudo, giornalista in un piccolo giornale delle Langhe (si, stesso nome e stesso mestiere dichiarato del protagonista del libro – che sia il personaggio stesso ad aver creato la sua storia e la sua stessa esistenza? Metaletteratura noir?).

Abbiamo quindi il giovane Gribaudo, che vive con la madre e un paio di volte al giorno deve chiamarla per rassicurarla sulla sua esistenza in vita (siamo negli anni ’80, niente cellulari). Il nostro viene mandato dal suo capo ad indagare su una notizia che forse nemmeno esiste. Possibile che in un campo (che poi è una mezza discarica) una mandria di maiali (che poi non si chiama mandria) abbia spezzettato e mangiato un cadavere (che poi forse non è un cadavere)?

Insomma giusto una traccia (ma che traccia!) da cui tirare fuori un articolo da prima pagina (e prima che lo facciano quelli di Stampa Sera). Gribaudo deve barcamenarsi tra il capo che preme, il commissario allergico ai giornalisti, una serie di personaggi improbabili che sono le uniche fonti su quanto è accaduto e perfino il suo rivale in amore nella conquista di Maddalena, che (guarda un po’) è proprio il teste principale di tutta la faccenda.

Tutto ciò in un gelido inverno langarolo, tra la neve che copre tutto e i maiali che si affrettano a far sparire le tracce.

Gribaudo (l’autore, non il personaggio) ne tira fuori un romanzo assolutamente godibile, scritto tutto in prima persona da Gribaudo (il personaggio, non l’autore) come nei più classici film noir americani, con uno stile del tutto particolare, un parlato locale sulle pagine scritte, dove espressioni dialettali fanno a pugni per emergere e sovrastare l’italiano. E spesso ci riescono.

Oh, naturalmente poi c’è l’indagine, che non è secondaria ed è affascinante alquanto. Ma di questa nulla posso dirvi, c’è un mistero da mantenere (come se in questa storia fossero pochi) ed è bene che ve lo godiate fino in fondo. E ancora c’è un po’ di nostalgia per il giornalismo d’antan, la ricerca della notizia, l’approfondimento, e tutto il tempo a disposizione per indagare e pubblicare (che per quanto nella faccenda in questione sia un tempo strettissimo è tutta manna per chi è abituato ai tempi del giornalismo di oggi).

Trovate qui l’intervista con Gianni Gribaudo (l’autore, non il personaggio).

 

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