E’ stato Baudelaire, di Francesca Gerbi

Una ragazza di 14 anni barbaramente uccisa, un caso mai risolto completamente che torna a galla in maniera prepotente e preoccupante. Questo il punto di partenza di E’ stato Baudelaire, il nuovo romanzo di Francesca Gerbi, Buendia Books.


Siamo nella provincia cuneese. Fulvia è una giornalista locale quarantenne e riceve una busta con una poesia di Baudelaire e un ciondolo con una “M”. Immediatamente piomba in un incubo da cui pensava (o forse solo sperava) di essersi liberata. Quel ciondolo apparteneva ad una sua amica di quando entrambe avevano 14 anni. Quella ragazza scomparve e venne poi trovata senza vita. Un caso mai risolto completamente che così torna prepotentemente a squotere la quotidianità del paese.

Coinvolto c’è anche il maresciallo Rodda, che all’epoca si occupò del delitto, poi si allontanò dal paese proprio per la delusione e lo sconforto di non aver risolto il caso. Ora però gli indizi si moltiplicano. Il killer di allora è tornato o dietro il riapparire di Baudelaire si nasconde altro?

Francesca Gerbi ci porta in un piccolo mondo antico, nel senso che essendo provincia (pur Granda) è rimasto quasi fermo senza tempo. Gli abitanti si conoscono tutti, tutti ricordano quell’episodio, tutti conoscevano la ragazza e i suoi zii, tutti sanno forse più di quello che avevano detto all’epoca. E allora Rodda deve ricominciare da capo. Ascoltare nuovamente i protagonisti, scoprire segreti che all’epoca erano stati taciuti.

Siamo in un noir vero, a tratti anche tosto e senza sconti. Il quadro dipinto è orrido, un paesino tranquillo in cui si nasconde un mostro (forse più di uno) e tutti lo sapevano o quantomeno lo intuivano. E l’orrido arriva proprio dal silenzio che per tanti anni ha circondato il mistero, un’omertà colpevole, un non voler immischiarsi drammaticamente tipico e attuale.

In tutto questo cosa c’entra Baudelaire? Il poeta francese è la firma dell’assassino. All’epoca come oggi è la traccia principale, un tocco di eleganza che aumenta l’orrore invece di addolcirlo. Una scia di poesia (ma siamo di fronte all’autore dei Fiori del male) che si insinua nella campagna, nella noia, nel vino, nel silenzio, nel segreto delle porte chiuse.

L’autrice è abile nel costruire la vicenda e a snocciolarcela pian piano saltando dal passato al presente. Gli indizi per la soluzione (ma non è quello il punto) sono punteggiati fin da subito, sono i toni cupi del noir a fare la differenza e a rendere il romanzo avvincente.

Se volete approfondire trovate qui la mia intervista all’autrice.

 

 

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