Le mille e una Venezia, di Liana Pastorin

Da sempre trovo il racconto la forma di scritture migliore per lasciare che gli autori si esprimano. Più immediato, diretto, senza la necessità di dare spiegazioni eccessive, senza bisogno di fronzoli, arriva spesso dritto al cuore (o all’intestino) del lettore. La lettura de Le mille e una Venezia di Liana Pastorin, Buendia Books, mi ha confermato in pieno ciò che non aveva bisogno di conferme (preferisco i racconti di King e Maupassant ai loro romanzi, per dire).


Occhio perchè questa minuscola raccolta è uno spettacolo di efficacia. Sono una decina di piccole perle, delle riflessioni sulla vita, delle microstorie che esplodono con una prosa pulita tutta la loro forza.

Abbiamo le brevi immagini che arrivano dalla laguna nel racconto che da il titolo alla raccolta, il difficile rapporto col sesso che nasce dai timori religiosi di una madre, la storia che vede al centro una portineria di un palazzo torinese, la storia di una giostra e quella di un maestro di musica.

Messa così rischio di darvi l’impressione che i racconti di Liana Pastorin siano storie di vita quotidiane e invece non lo sono. O meglio, forse lo sono, ma ogni volta c’è un colpo di teatro, una presenza a sorpresa, una riga che rivoluziona tutto e stordisce, colpisce il lettore stendendolo e costringendolo a tornare indietro di qualche riga (o perfino all’inizio del racconto) per asssicurarsi di aver capito bene, per rileggere quanto ha appena letto sotto una nuova luce, per capire se si era ingannato lui o se era stato ingannato dall’abilità dell’autrice.

Massimo Tallone nell’introduzione dice che sono racconti rileggendo i quali si scoprono nuovi aspetti. Temo che il punto sia invece che il lettore sia quasi obbligato a rileggerli per capire in quale punto è rimasto gabbato.

Trovate qui la mia intervista con Liana Pastorin su Quotidiano Piemontese.

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