Il ritorno del nemico, di Giovanni Casalegno

Può nascere l’amore nel bel mezzo degli orrori della guerra? E’ questa la domanda che aleggia su Il ritorno del nemico, il nuovo romanzo di Giovanni Casalegno, EtroMirror Edizioni.

La vicenda si apre nel 1940, durante l’occupazione italiana di Barcellonnette. Un giovane soldato piemontese si innamora di una ragazza francese. Per lei però la sua divisa significa occupazione, orrore e morte. Il giovane chierese andrà poi in Grecia e in Albania, affronterà i peggiori orrori della Seconda Guerra Mondiale, senza mai dimenticare la ragazza.


Cinque anni dopo, a guerra finita e tornato a Chieri, decide di inforcare una bicicletta, scalare i monti del cuneese e scoprire se la ragazza è viva, se si ricorda di lui, se lo odia ancora… una nuova avventura spinto dalla speranza e dall’amore.

Il ritorno del nemico è quindi, senza dubbio, un romanzo sul sentimento dell’amore. Lo è però su un palcoscenico che poco o nulla si presta ad ospitare un sentimento simile. Ed allora attraversiamo morte e disperazione, solitudine e orrori, Resistenza e Liberazione.

Il nostro eroe, come molti dei suoi coetanei, non sà quasi niente dei motivi della Guerra, non sa perchè combatte, non sa perchè dovrebbe uccidere. Il suo unico pensiero in quegli anni è di salvarsi la pelle e l’episodio della fossa comune rende molto bene l’idea dell’urgenza assoluta di questa necessità.

Casalegno è però abile a fondere la Storia d’Europa con la storia del protagonista, l’orrore del mondo e l’umanità del giovane, l’odio della battaglia e l’amore per una ragazza appena conosciuta. Ne nasce un quadro ben amalgamato, pieno di risvolti, dal quale è possibile tirar fuori diverse riflessioni su un vasto panorama di sogni e pensieri.

Molto significativo il riferimento alla scrittura coma modo per salvarsi, per sopravvivere, nel lungo periodo in cui il protagonista vive nascosto. Ne viene fuori quasi un romanzo nel romanzo, un’avventura nell’avventura in cui la scrittura diventa metascrittura e la guerra palcoscenico su cui si dipana la vita. Splendidi anche i riferimenti alle canzoni e al territorio occitano del finale del libro.

Se volete approfondire ulteriormente trovate su Quotidiano Piemontese la mia intervista con l’autore.

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