Admanvis, ricordi autobiografici di Giovanni Graglia a cura di Sabrina Gonzatto

E’ curioso e interessante il volume Admanvis, curato da Sabrina Gonzatto per Buendia Books per portare ai lettori la figura di Giovanni Graglia, artista ad ampio spettro per passione, che ha legato il suo nome fortemente al territorio e padre di Giulio Graglia, più noto regista televisivo e teatrale.


Curioso perchè ci racconta la vita di Giovanni Graglia bambino e adolecente, gli studi e l’inizio del lavoro in Stipel e poi si ferma poeticamente al momento dell’incontro con la futura moglie. In pratica non tocca per nulla la carriera amatorialmente artistica del protagonista.

Interessante perchè ci immerge completamente in un mondo passato e lo fa con forza e semplicità. Ci troviamo a vivere nel Piemonte degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso muovendoci con naturalezza tra Saluggia, casa natale di Graglia e Torino, dove ha studiato. Per poi arrivare a Fossano, ed ogni spostamento è un viaggio, un’avventura. Perchè siamo in anni in cui un viaggio da Saluggia a Fossano era un impegno mica da ridere.

Il racconto, che è in prima persona ed è recuperato da una reale autobiografia di Graglia cominciata e presumibilmente mai finita, ci porta a vivere con gli occhi di chi era presente la campagna, la crisi del ’29, la Guerra, la Resistenza. Eventi enormi ma raccontati da un sentimento privato, singolo, di un ragazzo che aveva inevitabilmente poca coscienza dell’enormità che stava vivendo.

Così vediamo di riflesso l’indottrinamento fascista ma godiamo appieno dell’appuntamento fisso della domenica al cinema di Saluggia, subiamo i bombardamenti a Torino come evento di contorno ma siamo addentro alle difficoltà della mancanza di cibo e lavoro della famiglia. E su questa linea conosciamo un bambino che lascia in un campo la sorella di un anno per giocare a pallone con gli amici, un ragazzo che decide di entrare in Seminario perchè è la strada più sicura per garantirsi un futuro, un giovane che deve scegliere se insegnare o accettare un posto in Stipel.

Soprattutto, sempre presente, viene fuori la passione di Giovanni Graglia per il cinema e per il teatro, che sappiamo – ma nel libro non lo scopriremo – che tanta parte avranno nella sua vita.

E’ il panorama globale di un luogo e di un tempo a rimanere ben presente nella memoria di chi legge alla fine di questo Admanvis, che è in fondo un diario di ricordi, vivo, vitale. Ed in effetti ‘Admanvis’ è la traduzione piemontese del Felliniano ‘Amarcord’, ancora una volta a simboleggiare la presenza attiva e continua del cinema e dell’arte nel mondo di Giovanni Graglia.

Nel volume curato da Sabrina Gonzatto, che ho intervistato su Quotidiano Piemontese, troviamo anche due significativi interventi di Alessandra Comazzi e, inevitabilmente, di Giulio Graglia.

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