Il Re di pietra, di Gioann Pòlli

E’ una vasta riflessione a tutto tondo sulla società il romanzo d’esordio di Giovanni Polli, che si firma Gioann Pòlli utilizzando lingua e fonetica piemontese. La scelta è significativa e caratterizza questo Il Re di pietra, Sconfini.


Ho parlato di romanzo ma qui non c’è una storia da seguire, c’è piuttosto il gusto di lasciarsi coinvolgere dai pensieri dell’autore, che nascono dallo scambio con Grazia Velvet Capone. Gioann Pòlli è giornalista, organizza da tempo immemore rassegne di musica folk e celtica, è uomo di quella terra di confine tra Piemonte e Lombardia che galleggia sul Lago d’Orta e porta con sè fortemente le caratteristiche del territorio.

L’autore ci parla di tradizioni celtiche, di Occitania, del suo Lago e naturalmente del Monviso (il Re di Pietra che dà il nome al libro). Ci parla di Covid, di Italia (mai) unita, perfino d’Europa. Ci parla di purezza, di pensiero, di musica e vinili. Ci parla anche, a tratti (o sempre) della sua vita.

Trovo interessante l’insieme e la varietà delle riflessioni. Spesso non mi sono trovato concorde con il pensiero di chi narra, ma mi rendo conto che questo è un’aspetto secondario.

Il volume non è da affrontare con leggerezza e tantomeno con pregiudizio (il rischio è lì, dietro la soglia). Chiede solo di lasciar raccontare le sue pagine, di prendersi il tempo per riflettere, per viaggiare tra mille citazioni e una spruzzata di poesia.

Tra le pagine c’è tanta roba, c’è soprattutto il tempo fermo come l’acqua del lago per poter affrontare le riflessioni una dopo l’altra.

E c’è anche una prefazione firmata Alberto Fortis, che merita di essere letta ed è come un ulteriore capitolo del libro, un pensiero esterno e parallelo, che ben si integra nell’insieme di questo mandala. Forse, in definitiva, è proprio quel sottotitolo “Oddèi” a raccontare meglio di qualunque altra cosa il senso di questo libro. Se volete approfondire ho intervistato Gioann Pòlli su Quotidiano Piemontese.

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