Il pittore di Langa, di Fabrizio Borgio

Giorgio Martinengo lo conosciamo, è uno tosto, sà fare il suo lavoro, si innamora facilmente ma poi mette sempre al primo posto l’indagine che ha sottomano. Ama, soprattutto, il buon vino. Sarà questione di tradizione familiare langarola. Ne Il pittore di Langa, Fratelli Frilli Editori, Fabrizio Borgio si diverte a mettere in crisi il suo eroe noir.


Il meschino accetta infatti l’incarico di fare da balia ad una giovane e fumantina esperta d’arte argentino-piemontese, la quale è nelle Langhe per dedicarsi alla sua passione. Solo che il pittore che sta seguendo e del quale è una dei due massimi esperti al mondo (e non solo, ma non voglio rovinarvi la sorpresa) decide di togliersi la vita e le cose si complicano. Per lei e per Martinengo.

Il quale Martinengo, oltre a gestire gli umori della ragazza, dovrà anche entrare in contatto con il mondo dell’arte locale e con la famiglia del pittore defunto, in cui c’è un padre burbero e intrattabile ed una sorella (che si occupa anch’essa di arte) affascinante ed estremamente sexy.

Il nostro eroe viene travolto dagli eventi, dai vernissage, dalle calze di nylon, dalle cene e dal gelo delle Langhe e del verbano, verso cui l’avventura si spinge.

La vicenda è molto noir e molto meno gialla. Martinengo indaga, il mistero c’è, ma c’è soprattutto l’atmosfera cupa, decadente, finta di un mondo molto lontano dalla genuina artigianalità che piace al nostro detective. Un mondo in cui è alieno e dal quale si sente rifutato, ma che a sua volta rifiuta senza troppe remore. Se volete approfondire trovate qui la mia intervista con Fabrizio Borgio.

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